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Perché l’azienda bimodale è cosi difficile da realizzare?

Creare un’azienda bimodale, equilibrando efficientamento ed esplorazione, è arduo. Le aziende spesso prediligono l’innovazione incrementale, aggiornando i prodotti esistenti, rispetto a quella di rottura. Questa pratica, sicura a breve termine, potrebbe diventare rischiosa. È necessario un cambiamento di mentalità per accogliere i rischi dell’innovazione di rottura.

La domanda che mi sento di fare è: ma quanta innovazione disruptive facciamo al giorno d’oggi?

Ritorno sull’argomento dell’azienda bimodale e sulla difficoltà di realizzare un bilanciamento fra la modalità dell’efficientamento (Exploitation) la modalità dell’esplorazione (Exploration) nello sviluppo di nuovi prodotti o servizi.

Quello che vi racconto si basa sulla mia esperienza recente in un’azienda che sviluppa prodotti high tech che integrano hardware meccanico ed elettronico con software

Ma quale livello di innovazione intendono le aziende?

Con il collega e amico Piergiorgio Lovato, durante il workshop iniziale sullo sviluppo agile dei prodotti fisici, che ha coinvolto separatamente la direzione aziendale e i capi intermedi (middle management), abbiamo stimolato i partecipanti sul tema dell’innovazione e dell’esplorazione.

Durante lo svolgimento del workshop con i capi intermedi Piergiorgio ed io sentiamo le persone silenziose intorno all’innovazione di rottura o “disruptive”, che tipicamente gli approcci agili consentono di affrontare.

Questo ci fa discutere molto perché ritroviamo una situazione che abbiamo incontrato altre volte durante i nostri workshop sullo sviluppo agile dei prodotti.

Non comprendiamo bene le ragioni di questo apparente disinteresse che invece la direzione aziendale non manifesta.

Quando iniziamo però l’analisi del processo di sviluppo dei prodotti emerge chiaramente, come in tutte le aziende che abbiamo incontrato, che quando si parla di innovazione si intendono 3 livelli di complessità crescente:

  1. Aggiornamento di prodotti esistenti con l’introduzione di nuove funzionalità e/o richieste di maggiore industrializzazione
  2. Sviluppo di nuovi prodotti che l’azienda non ha ma che esistono nel mercato
  3. Sviluppo di nuovi prodotti che non ci sono ancora nel mercato

Tutte le aziende sviluppate e strutturate che ho incontrato, sia come lavoratore interno che come consulente, hanno un ampio catalogo di prodotti.

L’innovazione principale è di tipo incrementale e riguarda l’aggiornamento dei prodotti esistenti.

Questo aggiornamento normalmente non stravolge il prodotto ed è in continuità con il “business as usual” cioè con i processi aziendali esistenti.

Ma queste sono le situazione che descrivono l’exploitation! 

L’innovazione incrementale è di fatto più rappresentativa delle modalità tradizionale dell’impresa mirata all’efficientamento.

Le persone non sono quindi sfidate dall’innovazione incrementale a prendersi i rischi e ad accettare i potenziali fallimenti, che invece accadono durante lo sviluppo di prodotti mai incontrati in precedenza.

Stiamo analizzando con alcuni di questi capi intermedi il processo strutturato di sviluppo, in stile waterfall che l’azienda ha adottato fino ad oggi, e sono emersi grandi limiti nel caso di prodotti molto innovativi.

I principali limiti sono dovuti alle verifiche tardive dell’impatto delle soluzioni sul mercato, che riducono l’efficacia dello sviluppo.

I limiti sono presenti anche nel caso di prodotti incrementali, ma sono meno marcati.

Penso quindi che quando si parla di innovazione ci sia un malinteso di fondo su cosa sia veramente innovazione.

Durante le analisi del processo i capi intermedi stanno prendendo coscienza della necessità di un approccio diverso, che contempla molto di più la continua validazione delle soluzioni sul mercato per aumentare l’efficacia di quanto sviluppato.

I primi segnali sono molto positivi e questo mi stimola a proseguire il percorso in questa direzione.

Parlandone con il presidente dell’azienda siamo arrivati alla conclusione che sia inevitabile che la fabbrica dell’innovazione e del fatturato che verrà sia necessariamente di dimensioni molto minori rispetto alla fabbrica del fatturato esistente

Ispirati dalla curva di distribuzione dell’innovazione di Everett, ripresa da Jeffrey Moore nel suo libro “Crossing the Chasm”, siamo coscienti che oggi, solo una minima parte delle persone è oggi veramente preparata ad accettare quello che l’innovazione disruptive richiede.

I rischi dell’innovazione incrementale

Fare innovazione incrementale migliorando il prodotto e/o il processo esistente può essere rischioso nel medio e lungo termine come molti casi aziendali raccontano. 

E’ il caso ad esempio della Kodak che invece di cavalcare l’innovazione disruptive della fotografia digitale, pur avendo un proprio team di sviluppo, ha invece preferito un’innovazione incrementale sul prodotto esistente e questo l’ha portata rapidamente al fallimento.

La propensione innovativa cambia se cambia il livello dell’ innovazione che fronteggiamo.

Io penso che occorra pensare all’innovazione in modo diverso.

Il miglioramento incrementale dei prodotti potrebbe essere chiamato “innovazione nella continuità” o innovazione “as usual”.

Forse dovremmo smettere di cullarci nell’idea che stiamo innovando quando spesso stiamo facendo cambiamenti così piccoli che il loro impatto sul mercato e sui clienti è trascurabile.

L’innovazione per essere tale deve avere impatto.

Per fare innovazione di rottura o “disruptive” che abbia grande impatto potenziale, occorre avere una visione sul futuro, più legata al concetto di sviluppo, che al concetto della crescita.

In altre parole sviluppo significa continuare a fare lo stesso fatturato o incrementarlo con prodotti e servizi che hanno maggior valore aggiunto.

Se si mantiene il business Usual i margini sono destinati a ridursi e la crescita diventa obbligatoria in termini di volumi.

Mi chiedo e lo chiedo a chi sta leggendo quanta reale innovazione stiamo facendo oggi, visto che i modelli tradizionali di sviluppo del prodotto sono ancora così impiegati?

Forse è per questo che diventare bimodali è così difficile, perché occorre una visione sul futuro che genera la spinta verso una innovazione disruptive per l’azienda.

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