Il Caso Galdi

Dati dell’azienda e tipologia di attività

Galdi S.r.l. è un’azienda che produce soluzioni di confezionamento per l’industria alimentare, in particolare costruisce sistemi di riempimento per prodotti liquidi come il latte, l’acqua, i succhi di frutta e l’uovo liquido in contenitori di carta poliaccoppiati.

Lo Sviluppo Prodotto e il Design sono il cuore dell’azienda, fondata nel 1985 da Galdino Candiotto e oggi alla seconda generazione. Da ottobre 2020 la Presidenza è infatti passata alla figlia Antonella Candiotto, che ricopre anche il ruolo di CEO.

La situazione descritta è relativa all’anno 2021, periodo nel quale l’azienda impiegava circa 100 persone di cui 23 fra progettisti meccanici, elettrici e software, con il supporto di alcuni tecnici esterni.

Tematica affrontata

In Galdi sono molto attenti alla qualità dei prodotti e alla soddisfazione dei clienti. 

Nel 2011 hanno deciso di adottare la filosofia del Lean Thinking, raggiungendo in ambito produttivo obiettivi di efficienza elevati e creando passo dopo passo la cultura del miglioramento continuo e della crescita delle persone. 

L’esperienza produttiva con la Lean ha fatto emergere il collo di bottiglia più rilevante: il modo in cui fino ad allora avevano concepito i prodotti e l’assenza di un’architettura modulare che avrebbe reso più ripetibile il processo produttivo, aumentando di conseguenza efficienza e qualità.

Percorso e outcome

Incontrai Galdi a un convegno. Fu Antonella a invitarmi: aveva sentito che in Breton si applicava l’Agile e voleva conoscermi. Vennero in visita per osservare i miei team al lavoro e valutare l’applicazione operativa di questo approccio. Ne rimasero molto colpiti, convincendosi che ciò che mancava loro fosse proprio una gestione organizzata dei team, soprattutto nella parte iniziale del processo: quella che oggi chiamano “Product Inception”.

Antonella e Federico mi raccontarono come era evoluta negli ultimi anni l’organizzazione dell’azienda.

Nel 2014, in totale auto-organizzazione, il team – all’epoca di “responsabili” – si incontrava regolarmente per confrontare le necessità dei tecnici del service, i feedback dei clienti e le non conformità, definendo gli obiettivi di sviluppo delle nuove macchine: con questa metodologia era nata la nuova piattaforma RG270 – tutt’oggi la più venduta –, questa volta modulare e scalabile. Finalmente era stato raggiunto l’obiettivo di accelerare i tempi di configurazione di 15 diverse versioni di macchina. Ma i vantaggi competitivi creati con la nuova tecnologia non bastavano a eseguire quel salto di qualità che sarebbe stato necessario per affrontare la trasformazione dell’ufficio tecnico, fino ad allora molto legato alla figura del fondatore Galdino.  

Fu in quel periodo – e in concomitanza con la riorganizzazione della squadra di manager – che si capì che l’approccio lean non avrebbe funzionato in quell’ambito. 

Mi ricordo ancora il cartellone enorme pieno di post-it per mappare l’AS IS del processo di sviluppo prodotto… e la versione TO BE era lunga il doppio! ricorda sorridendo Federico Bardini, attuale Direttore Operation di Galdi. Diventò presto evidente che sarebbe stato necessario cambiare il paradigma per gettare le basi di uno Sviluppo Prodotto più evoluto. Ma per adottare quale?  

Per trovare ispirazione girammo in lungo e in largo, partecipando a tutti i convegni sul tema, racconta Federico, ma fu dopo un anno di ricerca che sentimmo parlare un ex manager di Harley-Davidson: Dantar Oosterwal. Stava presentando il suo libro sullo sviluppo delle moto nel periodo di rinascita dell’azienda. il suo racconto ci illuminò! continua Bardini. Scoprii che la complessità di configurazioni delle motociclette aveva diverse cose in comune con le macchine Galdi. 

Fu in quel momento che Galdi conobbe un nuovo modo di sviluppare i prodotti: l’Agile.

Poiché volevano iniziare subito, presentai loro Daniela Rinaldi, con la quale ci confrontammo su alcuni aspetti operativi. Avviarono rapidamente il tutto, partendo dalla “Definizione della Business Opportunity” di un nuovo prodotto che avevano in mente di lanciare e impiegando i Canvas.

Venne introdotto lo Scrum con iterazioni di 2 settimane, e tutti  gli eventi che questo framework richiede. I primi Sprint Review erano troppo lunghi, così fu necessario imparare a svolgerli all’interno di una finestra di tempo prestabilita (Time-Boxed). Tale miglioramento, così come tanti altri, avvenne per effetto dell’apprendimento che le Retrospettive favoriscono, perché inducono a fermarsi e riflettere sugli errori in modo più distaccato, senza colpevolizzare i membri del team ma anzi valorizzando le cose che si sono apprese, così da motivare il team a collaborare e condividere esperienze per crescere insieme. 

E Galdi ne aveva un estremo bisogno, poiché la nuova leadership di Federico Bardini si era posta come priorità la costruzione e la crescita della squadra di Sviluppo Prodotto, nonché l’attrazione dei talenti, con l’obiettivo di acquisire clienti importanti e di competere quindi in un’arena molto più complessa: quella delle grandi aziende multinazionali.

Nelle fasi iniziali del percorso agile vi fu un coinvolgimento esteso anche a persone non direttamente interessate allo sviluppo del prodotto. Nella fase successiva fu poi chiarito maggiormente quali persone fossero da mantenere nel “Core Team” e quali nello “Shell Team”. Impararono velocemente che il coinvolgimento va limitato allo stretto necessario.

Uno dei temi più importanti affrontati nello Scrum è stato proprio quello relativo alla dimensione del team e al coinvolgimento delle persone. Si capì che i commerciali sono più interessati all’ideazione e messa a fuoco dei requisiti dei prodotti, mentre figure molto pratiche e operative è meglio coinvolgerle nelle fasi successive: quelle realizzative.

I primi Sprint duravano parecchio, più di due ore. L’inesperienza ma anche l’entusiasmo della scoperta di fronte a un metodo “Product Loop” in grado di consentire al team di presentare più concept sono sempre sfidanti. Ciò che viene apprezzato fin da subito è il valore della crescita e condivisione della conoscenza create dal nuovo approccio.

Un’altra competenza sviluppata è la capacità di comunicare il concept presentandolo in modo chiaro e sintetico, senza dilungarsi troppo nella spiegazione di dettagli non essenziali.

In qualche minuto devi mettere a conoscenza chi ti ascolta di cosa hai sviluppato, parola di Daniela Rinaldi. È un’occasione – per chi presenta – di ricevere fin da subito feedback positivi e negativi, cosa che a sua volta consente di poter correggere tempestivamente il tiro nell’interesse comune di raggiungere l’obiettivo. 

Gli approfondimenti tecnici sono impegnativi, e per questo Galdi ha deciso di effettuarli solo con il Core Team, limitando le persone coinvolte.

Una volta al mese è previsto invece un allineamento che convoca e riunisce tutti gli enti interessati. In quel contesto, la sfida è quella di tenere alta l’attenzione per evitare una partecipazione passiva degli enti meno coinvolti direttamente con il prodotto in sviluppo. Ma si sa: l’azienda è fatta di persone, con il proprio carattere e la propria personalità, e come in tutti i contesti ci sono elementi che in squadra lavorano bene, intervenendo in modo disinvolto alle riunioni, mentre altri non amano esporsi. L’obiettivo qui è che tutti si sentano coinvolti e partecipi, ognuno a modo suo. Per questo è importantissima la figura dello Scrum Master, che ha la responsabilità di mantenere alta la motivazione delle persone creando un clima di fiducia e rispetto, senza perdere di vista l’obiettivo da raggiungere. 

C’è stata una crescita, in termini di leadership, che è necessario sviluppare ancora, per aumentare il livello di consapevolezza del potere che le persone hanno grazie all’Agile. Prendere decisioni importanti, che influenzano tutta l’azienda, per qualcuno è ancora difficile da accettare, ma siamo sulla strada giusta! afferma Giacomo Dori, primo Scrum Master in Galdi.

In parallelo è emersa l’esigenza di una maggior efficacia nell’essenza di Valore Business dei nuovi sviluppi, e quindi di entrare nella gestione del Portfolio Prodotti.

Risultati ottenuti

Se in precedenza si affrontavano 3 o 4 nuovi progetti in parallelo, con attese di 3-4 anni prima di arrivare sul mercato, ora se ne sviluppano 1-2 con un Time to Market di 18-20 mesi, potendo inoltre beneficiare di:

  • Più velocità data dal ridurre le code parallele di progettazione.
  • Meno necessità di ricorrere a conoscenze e lavoro esterni.
  • Maggior sviluppo e capitalizzazione del Know How interno.

In Galdi oggi stanno lavorando a un piano di sviluppo pluriennale dei prodotti sulla base di una serie di parametri di progetto che aiutino a comprendere urgenza, importanza, fattibilità e/o difficoltà. L’impressione che ne ho raccolto durante l’ultima visita è che l’azienda si stia strutturando, senza burocratizzarsi, in una modalità di sviluppo dei prodotti tipica di aziende di maggiori dimensioni. Ciò non fa che confermare che gli approcci agili proposti per lo sviluppo prodotto e la gestione del portafoglio di sviluppo siano realmente alla portata di aziende di piccole e medie dimensioni.

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