Nella mia precedente newsletter ho parlato dell’ autonomia, che è il primo dei fattori che stanno alla base della motivazione intrinseca
Mi concentrerò oggi sulla padronanza che, come scrive Daniel Pink nel suo libro Drive, è il secondo fattore alla base della motivazione intrinseca.
La padronanza è il processo che ci fa diventare abili in una data attività e per questo la associo al termine competenza.Io penso che nell’economia creativa la padronanza sia un fattore chiave per risolvere problemi complessi.
Occorre anche una mente aperta e la volontà di sperimentare e a volte di improvvisare.
Io penso che il team ideale per l’economia creativa e il mondo VUCA, sia un team jazz.
I musicisti jazz hanno una così grande padronanza del proprio strumento che consente loro di improvvisare senza che il pubblico se ne accorga.
Il team jazz mi affascina perché i musicisti, al termine di ogni brano, fanno a turno un assolo sostenendo prima e dopo quello degli altri.
Hanno una doppia capacità di leadership prima da protagonisti e poi dai sostenitori degli altri membri della banda.
L’obiettivo che sento da molto tempo è come rendere un team di sviluppo dei prodotti più vicino ad un team jazz.
La padronanza secondo Pink è:
- un atteggiamento mentale sulla possibilità di migliorarsi
- fatica, perche talento non basta occorre anche la grinta per raggiungere gli obiettivi
- un asintoto perchè ci si può arrivare vicino alla sua pienezza senza poterla raggiungere veramente.
La padronanza è ben più difficile dell’autonomia.Il tutto è molto bello ma cosa fare per far sì che persone normali intraprendano questo percorso
Il segreto per per proseguire in questo difficile percorso è che ci siano momenti di vero piacere nel fare le cose, per bilanciare quelli meno piacevoli.
Lo psicologo Csikszentmihalyi, ha individuato uno stato psicologico di massima positività e gratificazione, che possiamo vivere durante la completa immersione in un compito.
Csikszentmihalyi ha chiamato questo stato “flow” o esperienza ottimale.
Incontriamo l’esperienza ottimale quando la sfida che stiamo affrontando ci spinge ad impiegare le nostre competenze vicino ai nostri limiti.
Ho avuto la fortuna vivere più volte questa condizione di “flow” e l’ho vista in molte persone dei team agili che ho seguito.
Ho trovato che sia un modo potente per caricarci dell’energia necessaria per fronteggiare nuove sfide.
Come sostiene Albert Bandura nella teoria dell’apprendimento sociale, più le persone si convincono di essere all’altezza della situazione, più il successo innalza i loro livelli di aspirazione.
Il lavoro in team aiuta moltissimo perché, grazie al sostegno reciproco, più le persone percepiscono di essere auto-efficaci, più alzano le loro aspirazioni e più tendono ad assegnarsi obiettivi sempre più ambiziosi.
Nella mia esperienza di anni di sviluppo di prodotti fisici, ho visto molte persone trasformarsi.
Ricordo in particolare un progettista, che potrei definire “ruspante”, che si mostrava come una persona pratica e sbrigativa nei rapporti con gli altri
L’ho visto cambiare, lavorando in questi team agili.
E’ diventato una persona che tiene sempre di più alla qualità del proprio lavoro e di quello del team.
Ha abbandonato questo suo personaggio di persona un po’ brusca e a tratti oppositiva, comprendendo che le competenze soft diventavano per lui un’esigenza
Condivide il suo sapere, aiuta i colleghi e fa crescere le persone più giovani del team.
Che trasformazione possono portare modalità di lavoro agili in team nella motivazione di ciascuno di noi, ma ci tornerò in un prossimo articolo.